Chronicles from imaginary places è certamente l’album della maturità artistica dei Kerygmatic Project. Si
tratta di un lavoro ben strutturato, fresco e dinamico, in cui trovano posto, oltre ad alcuni brani ben
riusciti, tre poderose suite. L’idea base che accomuna le varie composizioni è quella del viaggio
nell’immaginazione artistica. Una macchina del tempo che permette di viaggiare tra presente, passato e
futuro, attraverso la realtà quotidiana a quella prospettata dall’immaginazione creativa. Classicità e
romanticismo si mescolano sapientemente, contribuendo a dare unità di fondo ad un album
decisamente intenso, profondo e straordinariamente elaborato, pur nella sua piena ascoltabilità.
Le canzoni
1. The Time Machine – Part I, II, III (parole e musica di S. Tadini, M. Campagnolo, D. Nobili). La suite di apertura segna
l’inizio di un viaggio immaginario. La macchina del tempo è pronta, non c’è più tempo per tornare indietro, il futuro è già presente. La parte I,
strutturata sui canoni di un prog rock decisamente avvincente, introduce il tema del viaggio immaginario attraverso i sogni, per poi lasciare
spazio alla parte II, decisamente intensa, lirica e al tempo stesso concreta, ricolma di riferimenti letterari riconducibili alla composizione The
Waste Land di T. S. Eliot. L’uomo contemporaneo, in bilico tra angoscia e speranza, si chiede: la follia è un nuovo orizzonte, oppure c’è
ancora spazio per sperare? La parte III, infine, lascia i suoni del prog e del pop raffinato per giungere al jazz. Un giovane protagonista senza
nome si trova ad essere scelto per occupare una posizione apicale in una sorta di azienda immaginaria, nella quale, a patto che non si faccia
domanda alcuna, ha la possibilità di arricchirsi oltre ogni misura e di poter giungere persino alla guida di una nazione stupida e facilmente
corruttibile. Il protagonista sceglie di fuggire. Ha il sopravvento la sua moralità e tenta di raggiungere la sua macchina del tempo per allontanarsi
da quel luogo, ma ormai è troppo tardi: anch’egli è parte di un meccanismo immodificabile.
2. Chronicles from Imaginary Places (parole e musica di S. Tadini, M. Campagnolo, D. Nobili). Questo brano è ispirato al
desiderio di riscatto. È il richiamo della coscienza a combattere sempre, perché in mezzo ad ogni situazione l’amore vero non verrà mai
sconfitto. Una cronaca da un luogo immaginario fatto di elementi riconoscibili ed altri solamente evocati, in cui la coscienza prende atto di
doversi sempre mettere in gioco, rischiando sino in fondo, perché un angelo sarà sempre al suo fianco e l’Amore, quello vero, ha già vinto.
3. Footprints in the Sand of Time (parole e musica di S. Tadini, M. Campagnolo, D. Nobili). Il luogo più tranquillo della terra,
una sorta di paradiso terrestre, può trasformarsi in un incubo, in una tempesta. Quando i sensi sembrano essere fallaci e i dubbi su ogni cosa
prendono il sopravvento sulla ragione, quando la donna amata è scomparsa e ne rimangono solo le impronte lasciate sulla sabbia del tempo,
ogni cosa sembra avere il sapore amaro di un ricordo fatto di lacrime, eppure resta la speranza di un nuovo incontro, di una nuova vita, in cui i
due amanti potranno essere una cosa sola, anche nella sabbia del tempo.
4. Escaping from Seventh Prison (musica di D. Nobili). Questa composizione strumentale esprime il desiderio di una fuga dai
sensi, in particolare dal “settimo”, vale a dire l’autopercezione.
5. The Brightest Event Horizon – a) Junk Shop Open; b) Junk Shop Closed (parole e musica di M. Campagnolo). La
suite centrale dell’album è dedicata ad un’esperienza assolutamente surreale, sebbene il suo inizio appaia perfettamente realistico. Il
protagonista, in viaggio lungo una strada polverosa nel deserto, in cerca di una terra inesplorata, si imbatte in un negozio da rigattiere. Una volta
entrato rimane attratto da tutto ciò che vede, fintanto che una pentola di metallo gli rivolge la parola ed improvvisamente, l’incauto avventore, si
trova trasformato in un cucchiaio d’argento, subito posto dal rigattiere in vetrina fra mille altri oggetti.
6. Dive into the Night (parole e musica di D. Nobili). Un marinaio, navigando in mari lontani da casa, trova una sirena su di una
roccia. Si tuffa in acqua per soccorrerla, se ne innamora, ma i due sanno che il loro amore è impossibile. Dopo aver pianto tutta la notte e aver
gustato l’ultimo bacio, la sirena si tuffa nel mare e il marinaio prosegue la sua rotta. Un pensiero assillante nella sua mente che si trasforma in
un grido: «sempre, sempre con te!».
7. The Castle (parole e musica di S. Tadini). Paesaggi lugubri, vampiri, lupi mannari, serpenti ed altri elementi legati alla tradizione
classica del genere gotico, fanno da sfondo a questa composizione incentrata sulla disavventura di un personaggio che tenta invano di salvare la
vita.
8. The Clear Side of Darkness (parole e musica di S. Tadini, M. Campagnolo, D. Nobili). È il racconto significativo di una vita
vissuta nel dolore e nell’angoscia, in cui il protagonista esprime il proprio stato d’animo senza mai perdere la speranza di un giorno migliore, di
un regno che verrà.
9. Kubla Khan (parole di S. T. Coleridge, musica di S. Tadini). Questa composizione poetica incompiuta, scritta da Coleridge nel
1797, rappresenta con forza la grandezza dell’immaginazione poetica, capace di creare mondi incommensurabili che superano la stessa realtà.
L’opera, messa in musica assecondando le variopinte immagini descritte dal poeta, costituisce un perfetto esempio di relazione metatemporale
fra una composizione poetica e una composizione musicale. L’iniziale visione di un palazzo per il piacere apre la descrizione del paesaggio
circostante, in seguito alla visione di una fanciulla abissina, della quale Coleridge lamenta di non saper riprodurre il canto. Il carattere
tipicamente onirico del componimento poetico produce un susseguirsi di immagini solo apparentemente disconnesse tra loro, poiché unite
dalla forza dell’immaginazione poetica dell’autore.