“Anthology”. La raccolta copre il periodo di attività della band dal 1997 al 2016. La bella copertina è stata firmata dall’artista brasiliano Elton Fernandes, mentre tutta la grafica è stata curata da Maurizio Galia. Parlando del disco si parte con Ziqqurat che su atmosfere orientaleggianti introduce ad un prog-pop intenso e leggero allo stesso tempo dove sembra di accarezzare una sorta di rock berbero piacevole. Non ci sono suoni tipici della tribù blu, ma l’atmosfera rende l’idea anche se poi la voce introduce ad un clima stile “Orme” degli albori. Con Yokohama Via Satellite, la voce e le tastiere sono il vero e proprio mantra del pezzo che si alza su di un’atmosfera vellutata e soave; si potrebbe dire che c’è una certa assonanza con uno stile che aleggia ad atmosfere pop, ma in realtà quello che ci si presenta qui è un rock italico stile prime produzioni anni settanta, rock indimenticato e, forse, un po’ nostalgico. Proseguendo nell’ascolto arriva Altri Tempi, quasi una sigletta che rivela un’aria jazz-rock di quella che poi la PFM avrebbe usato in certi lavori del periodo fine anni settanta mentre, con la successiva, Murat Begins, siamo verso un prog più orchestrato dove, come già dall’inizio accade in questo lavoro, la voce, le tastiere e la chitarra sono alla fine i veri protagonisti. Subito però si cambia regime e con Apollo, Minerva e L’Etrusco…infatti è il basso qui a dettare il ritmo, poi la voce di Maurizio Galia, che la fa da padrone insieme alle tastiere danno vita ad un ritmo sostenuto da un costante battito percussivo che lascia poi sfogo al resto della band con inciso di chitarra e basso all’unisono. Le Porte dell’Averno, hanno quel non so che di “trip-piano” che rimandano un po’ al Caronte che tutti ben conosciamo anche se, l’evoluzione di un rock votato al sinfonismo, ci fanno pensare che gli Aquel sono lì, tra pop, rock e sinfonico una band che poteva fare ancora tanto. Con Lei e Venezia, canzone contenuta solo nella versione digitale e non su vinile, il pianoforte diventa il vero protagonista dove si appoggiano subito altre keyboards che intrecciandosi ad una chitarra esaltante, sostengono le voci che si innalzano a protagonista di un racconto dove, alla fine, ancora una volta chitarra e tastiere la fanno da padrone. E mentre Part-Time sembra quasi una colonna sonora, il giungere della voce e dei fiati dà un certo senso di swing che non guasta ad un album che, finalmente, stampato in vinile ha tutt’altro sapore. E’ chiaro che essendo un’antologia, Aquael, è un disco che vale la pena avere…….non fosse altro per ritrovare, una volta ogni tanto, il gusto di un rock che gioca a fare il rock e si contamina anche del sapore progressive, jazz e swing tanto rado di questi tempi.