"Da sempre aspiro a una musica che riesca a integrare sperimentazione e fruibilità. Penso che sperimentare non significhi necessariamente annoiare o angosciare l’ascoltatore: si può sperimentare anche blandendo l’orecchio, non solo ferendolo. Soprattutto sperimentare, secondo me, significa inseguire - e dunque determinare - il presente di giorno in giorno (piuttosto che appoggiarsi nostalgicamente al passato o opportunisticamente al già sentito). Non essendo un grande amante della cassa dritta, quando ho abbracciato l’elettronica mi sono immerso in ritmiche contemporanee più inquiete, schizofreniche, inafferrabili. Drill’n’bass, breakcore, glitch… Squarepusher, Venetian Snares, Autechre, Alva Noto, Ryoji Ikeda... Tutti artisti che fanno un grandissimo lavoro di editing a tavolino per produrre le loro fantasmagoriche e sempre cangianti tessiture sonore. Un lavoro spesso sapiente e di grande impatto per me. La sfida è: ricreare con le mie mani quella stessa ‘irrequietezza organizzata’, ma in modo estemporaneo, senza editing, trattando le macchine come uno strumento musicale. Forse anche per questo, il clarinetto di Renato (le cui improvvisazioni mi hanno sempre evocato le pitture-sculture con strumenti distrutti di Arman), in ‘Atomic City’, oltrepassa la soglia dello strumento acustico, compenetrandosi con la mia elettronica, il cui ritmo sfuggente - a sua volta - spesso d’improvviso si discioglie e lascia spazio alla rarefazione più impalpabile. Come un pendolo che oscilla, scomposto e umorale, tra una drum machine impazzita e il tintinnabulum meditativo di Arvo Pärt. Tra l’ingranaggio più intricato e angusto di un orologio e la spoglia vastità di un deserto. ‘Atomic City’ è il risultato di queste passeggiate in un luogo altro, sconosciuto. Crinale impossibile tra due antipodi. Ed è così che, diversi anni fa, ho percepito quella città fantasma dell’Idaho - Atomic City, appunto - che dà il titolo all’album. Un luogo della coscienza. Un non-luogo. Abbandonato ma abitato (da due anime che gestiscono un bar). Dimenticato ma tenuto in vita. Remoto ma familiare. Una manciata di case, insegne in rovina, vestigia, che in pochi conoscono, raggiunta come una meta agognata e improbabile, come un nuovo pianeta, attraverso ore e ore di guida in strade che fendono il nulla".
Vincenzo Ramaglia
Renato Ciunfrini
clarinet electronics
Track List:
1. Atomic City 1 [8’27]
2. Atomic City 2 [9’17]
3. Atomic City 3 [8’45]
4. Atomic City 4 [8’55]
5. Atomic City 5 [9’34]